Schiacciata fiorentina

PORZIONI: 10 persone

CALORIE: 344 kcal per porzione

DIFFICOLTÀ: Facile

Il tradizionale dolce fiorentino di Carnevale

Firenze nella sua storia conserva un sacco di dolci tipici di Carnevale: ci sono i cenci, le chiacchiere, le frittelle… e la schiacciata alla fiorentina, appunto. La cosa particolare è che quest’ultima è l’unico dolce tra quelli elencati a non essere fritto, anche se comunque è a base di strutto. Si tratta infatti di una vera e propria torta dal gusto gusto delicato di spezie e arance, che solitamente viene ricoperta di zucchero a velo e contrassegnata dal simbolo della città: il giglio.

Questo dolce è diventato nel tempo uno dei punti cardine della pasticceria fiorentina, tant’è che oggi la si trova anche farcita con panna o crema di nocciole, anche se la versione consueta rimane solo una: quella vuota, di forma rettangolare e realizzata in una teglia come quella delle pizze a taglio, rigorosamente non più alta di 3 cm e servita a cubetti tutti più o meno di dimensioni uguali.

Noi oggi spiegheremo come realizzare la schiacciata fiorentina tradizionale ma nulla vieta un’attenta sperimentazione, la cosa importante da tenere a mente è solo una: affinché questo dolce dia il meglio di sé va realizzato usando solo ed esclusivamente il lievito fresco (pasta madre o lievito di birra a piacere, anche se il secondo è più facile da gestire) e non quello secco per dolci. L’impasto deve lievitare con calma, come farebbe in una qualsiasi focaccia.

Preparazione: 50 min

Cottura: 25 min

Tempo totale: 1h 15min

Ingredienti

300 gr / Farina tipo 1 (o Manitoba)
90 gr / Zucchero
12 gr / Lievito di birra fresco
60 gr / Succo d’arancia
50 gr / Acqua
75 gr / Strutto
1/ Uovo
1 / Scorza d’arancia
q.b. / Sale
q.b. / Spezie miste (cannella, cardamomo, chiodi di garofano, pepe)

Procedimento

  1. Per prima cosa sciogliete il lievito di birra in una soluzione composta da acqua e succo d‘arancia. Poi prendete un’arancia non trattata e grattatela per ottenere la scorza. Prendete quindi una terrina abbastanza capiente e versateci dentro la farina setacciandola, poi aggiungete l’acqua e arancia con il lievito sciolto e poi ancora lo zucchero, le spezie e la scorza d’arancia appena grattugiata. Quindi impastate fino a formare un composto grossolano.
  2. A questi punti prendete una piccola ciotola e sbatteteci dentro l’uovo con un po’ di sale, poi aggiungetelo all’impasto e lavoratelo finché non otterrete un panetto omogeneo e un po’ appiccicoso. Coprite la terrina con un panno e lasciate lievitare finché l’impasto non raddoppia, poi sgonfiatelo e aggiungete lo strutto, stando bene attenti che venga assorbito del tutto.
  3. Lasciate riposare l’impasto per ulteriori dieci minuti, poi riversatelo in una teglia rettangolare come quelle da pizza precedentemente rivestita di carta forno. Schiacciate il composto se dovete, ma fate in modo che raggiunga tutti gli angoli della teglia, poi coprite tutto con la pellicola trasparente e lasciate lievitare l’impasto per una seconda e ultima volta, finché non vedrete che si sarà ingrossato riempiendo tutta la teglia.
  4. Nel frattempo scaldate il forno a 200° poi, quando l’impasto sarà lievitato a sufficienza, infornate e abbassate immediatamente la temperatura a 180°. Cuocete per circa mezz’ora, stando attenti che la duratura poi non si trasformi in bruciatura. Poi lasciate che si raffreddi e spolverate con un’abbondante dose di zucchero a velo e concludete disegnando il giglio, con del cacao o ricavandolo dallo zucchero a velo. Buon appetito!

Lo sapevi che..

La prima cosa che tutti si domandano quando sentono parlare di questo dolce è perché si chiami schiacciata. Questo termine è infatti solitamente usato per indicare una focaccia salata e non certo una torta. Sorprenderà quindi sapere che questo dolce è chiamato così perché schiacciata deriva dallo “schiacciare” le uova, ovvero dallo sbatterle con la frusta. Sembra inoltre che prima ancora di chiamarsi schiacciata fiorentina, questa torta fosse chiamata Schiacciata delle Murate perché pare che le prime ad averla mai realizzata fossero, appunto, le monache di clausura del convento delle Murate, le quali lo davano come ultimo pasto ai prigionieri condannati a morte.

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